GEREMIA
"La fede come apertura all'impossibile"
Quando Geremia fu chiamato da Yhwh, egli si definì “ancora giovane”. Qui il termine “giovane” (na‘ar) non si riferisce tanto all’età quanto, piuttosto, all’immaturità psicologica. Tuttavia, ripensandoci poi meglio, Geremia si convinse che in fin dei conti a quella missione era stato quasi predestinato da Dio sin dal seno materno (cfr. Ger 1,5), e sentì che la sua realtà profetica non agiva, come negli altri chiamati che lo avevano preceduto, dall’esterno, ma gli penetrava fino al midollo delle ossa (cfr. Ger 20,9) e diventava dentro di lui come un fuoco divorante, tanto che si sentiva ghermito da Dio, quasi contro ogni suo volere e decisione (cfr. Ger 20,7-9).
Si convinse, allora, che la sua missione profetica non gli era stata offerta da Dio perché liberamente l’accettasse o no (cfr. 1Re 22,20-22; Is 6,8), ma come un destino-chiamata ineluttabile della sua vita, simile al profeta suscitato da Dio, secondo la pericope di Dt 18,18: «io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò».
Geremia fu chiamato da Yhwh nel tredicesimo anno del regno di Giosia (forse nel 627). Tuttavia, al contrario di Isaia, il nostro profeta non mostrò di avere nessun sentimento di timore e di tremore nei riguardi del Santo che l’investì, né alcun sentimento di colpevolezza e d’impurità nei riguardi di Dio. Si direbbe un mistico già da tempo abituato alla visione divina, come se quella della vocazione non fosse stata la prima, ma il sigillo di una vita di estasi e di contatti con il Signore.
L’unica sua preoccupazione fu quella di non essere all’altezza della grande missione a cui si sentiva predestinato. Si tratta di un timore che sentì ancora verso la fine del suo apostolato. Proprio dal dialogo con il Signore, emerge la forte tensione insita nel cuore di Geremia tra il profeta e l’uomo.
Geremia avvertì tutto il peso della sua missione che fu veramente difficile. Egli reagì spontaneamente nei confronti di Dio e solo quando Yhwh insistette nella sua scelta il profeta si sottomise alla volontà divina, pur prevedendo insuccessi e amarezze.
C’è, in Geremia, fin dall’inizio della sua chiamata-missione, una tragica lotta tra il sentimento e il dovere, tra il suo carattere e la difficile missione. Geremia, però, sente nel proprio cuore un fuoco divino che non può contenere e sente ancora che chi lo chiama è un seduttore che trascina, ma che nello stesso tempo è forza e rifugio (Ger 20,7-12): «20 [7] Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me. [8] Quando parlo, devo gridare, devo proclamare: “Violenza! Oppressione!”. Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. [9] Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!”. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo. [10] Sentivo le insinuazioni di molti: “Terrore all’intorno! Denunciatelo e lo denunceremo”. Tutti i miei amici spiavano la mia caduta: “Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta”. [11] Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, 5 per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere; saranno molto confusi perché non riusciranno, la loro vergogna sarà eterna e incancellabile. [12] Signore degli eserciti, che provi il giusto e scruti il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di essi; poiché a te ho affidato la mia causa!».
Il profeta Geremia, con serenità e consapevolezza, accetta di bere il calice amaro e di diventare per Dio e per gli uomini un segno di contraddizione (cfr. Ger 15,10; 20,8). Quando Gerusalemme fu assediata nel 587, Geremia predicò la resa come unica via della vita, ma tutti lo accusarono di disfattismo: così egli pagò con la sua vita, con l’esilio. Cosa dire del carattere di questo profeta? Geremia fu un emotivo, dotato dalla natura di una singolare sensibilità, con reazioni vivaci, specialmente di fronte a eventi pericolosi e dolorosi.
Fu un impulsivo: con facilità diede segni di impazienza e d’insofferenza verso i nemici e persino verso Dio, cadendo spesso in atteggiamenti contraddittori. Infatti, da una parte si lamentò con il Signore per il modo come lo trattava, dall’altra, però, affida a lui la sua causa. Ancora, a volte si sente avido del contatto con il Signore e altre volte, invece, è indignato contro di lui fino a insultarlo (Ger 15,16-21): «15 [16] Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti. [17] Non mi sono seduto per divertirmi nelle brigate di buontemponi, ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di sdegno. [18] Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuol guarire? Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti. [19] Ha risposto allora il Signore: “Se tu ritornerai a me, io ti riprenderò e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca. Essi torneranno a te, mentre tu non dovrai tornare a loro, [20] ed io, per questo popolo, ti renderò come un muro durissimo di bronzo; combatteranno contro di te ma non potranno prevalere, perché io sarò con te per salvarti e per liberarti.
Oracolo del Signore. [21] Ti libererò dalle mani dei malvagi e ti riscatterò dalle mani dei violenti”». 6 Il profeta Geremia si comporta con i compaesani come un agnello, ma appena scopre le loro trame chiede freddamente a Dio di essere vendicato. Così, per i nemici è pronto a pregare, ma nello stesso tempo scaglia imprecazioni e minacce.
La vita di Geremia fu una vera via crucis: uomo dei dolori, profeta tragico, sollevato soltanto da gioie di carattere spirituale. Fu una specie di Crocifisso che s’impegnò a compiere la volontà di Dio per il bene della sua gente. Geremia, infatti, si lanciò verso il suo calvario, bruciante d’amore per la sua terra distrutta. Fu pieno di compassione per le sventure capitate al suo popolo e per questo fu ricco di minacce per i nemici. Fu il profeta che annunciò la nuova alleanza, il ritorno in patria, la sopravvivenza del resto d’Israele (Ger 31,1-14). Durante la sua vita, il profeta Geremia non ha raccolto dove aveva seminato. Ma ha lavorato per l’Israele dell’avvenire, associato com’era al divino vasaio il quale, dopo un vaso mal riuscito, potrà rifarne uno interamente nuovo
(cfr. Ger 18,4). Renan è arrivato a dire che senza quest’uomo straordinario la storia religiosa dell’umanità avrebbe avuto un altro corso. Alla luce della vita e della missione del profeta Geremia, possiamo chiedere al Signore, con cuore sincero, di lasciarci sedurre dalla sua Parola, dal suo amore infinito, e di sperare la salvezza per tutti.